Ricorso per conflitto di attribuzione  della  regione  Liguria,  in
 persona  del  presidente  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  per
 mandato a margine del presente atto dall'avv. Giuseppe Petrocelli, ed
 elettivamente domiciliato in Roma, presso l'avv. Gianpaolo  Zanchini,
 in  via  XX  Settembre,  1,  contro  la  Presidenza del Consiglio dei
 Ministri, in persona del presidente pro-tempore  per  la  risoluzione
 con   istanza   di   sospensione  del  conflitto  insorto  a  seguito
 dell'emanazione  del  d.P.R.  14  febbraio  1992,  pubblicato   sulla
 Gazzetta  Ufficiale del 18 febbraio 1992, n. 40, ad oggetto: "Atto di
 indirizzo e coordinamento alle regioni recante i  piani  di  cessione
 degli alloggi di edilizia residenziale pubblica".
                               F A T T O
    La   materia   della  "Edilizia  residenziale  pubblica"  inerisce
 incontestabilmente alla  sfera  di  competenza  regionale,  ai  sensi
 dell'art.   117   della  Costituzione  nella  lettura  fornitane  sia
 dall'art. 93 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sia dal complesso  di
 norme poste dalla legge 5 agosto 1978, n. 457.
    Recentemente,  e'  intervenuta  in detto settore anche la legge 30
 dicembre 1991, n. 412, recante "Disposizioni in  materia  di  finanza
 pubblica",  che  -  all'art.  28  -  ha  enunciato, con forte spirito
 innovativo, tutta  una  serie  di  principi  volti  a  consentire  la
 alienazione   dei   fabbricati  costituiti  da  alloggi  di  edilizia
 residenziale  pubblica;  fondamentale,  tra  tali  principi,   quello
 secondo  il  quale  l'alienazione  dei  fabbricati  in  questione  e'
 consentita "esclusivamente per il conseguimento di finalita'  proprie
 dell'edilizia abitativa pubblica".
    In  tale  quadro,  sono  state  attribuite  alle  regioni da parte
 dell'art. 28  della  legge  n.  412/1991  le  sottoindicate  funzioni
 comprendenti:
      la  approvazione dei piani di cessione degli alloggi predisposti
 dagli enti gestori;
      la adozione di misure per la mobilita' degli inquilini  che  non
 desiderano acquisire gli alloggi in vendita;
      l'emanazione  di  direttive  per  la  gestione  da  parte  delle
 amministrazioni proprietarie dei fondi ricavati dalle alienazioni;
      la predisposizione (con legge regionale) delle modalita' con cui
 l'ente gestore presta la propria  assistenza  alla  formazione  e  al
 funzionamento dei condomini interessati dalle alienazioni.
    Va  notato  fin da ora che l'articolo di legge che si commenta non
 prevede l'emanazione di atti di indirizzo e  coordinamento  volti  ad
 indicare  i criteri a cui debbano attenersi le regioni nell'esercizio
 delle proprie competenze (e' solo la lett. b)  del  settimo  comma  a
 prevedere  un  decreto  del Ministro dei lavori pubblici, di concerto
 con il Ministro del tesoro, per regolare le modalita' di  accesso  ai
 mutui  da  attivarsi  con  la  quota  di riserva dei finanziamenti di
 edilizia agevolata ivi prevista).
    Cio' nonostante, sulla Gazzetta Ufficiale del 18 febbraio 1992, n.
 40, e' stato pubblicato il d.P.R. 14 febbraio 1992 avente ad oggetto:
 "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni recante  i  piani  di
 cessioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica".
    Tale  atto,  oltre ad esser privo di qualunque supporto normativo,
 come si dira' fra poco, appare pesantemente lesivo  delle  competenze
 regionali  in  materia ed in contrasto con le disposizioni del citato
 art. 28 della legge n. 412/1991 e pertanto la regione Liguria si vede
 costretta a chiedere il riparatorio intervento della Corte, affidando
 il presente ricorso per conflitto di attribuzione ai seguenti  motivi
 di
                             D I R I T T O
    I.  -  Violazione  degli  artt.  117  e 118 della Costituzione con
 riferimento all'art. 93 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Violazione
 e falsa applicazione dell'art. 28 della legge 30  dicembre  1991,  n.
 412.
    L'art.  93  del  d.P.R.  n.  616/1977  ha  disposto  nella materia
 dell'edilizia residenziale pubblica il piu' ampio trasferimento  alle
 regioni  delle  funzioni  di  programmazione, di gestione, nonche' di
 organizzazione del servizio della casa (Corte costituzionale sentenza
 n. 727 del 30 giugno 1988). Successivamente, con la legge n. 457  del
 5  agosto  1978, la sfera di competenza regionale in materia e' stata
 ulteriormente arricchita (art. 4) e - per converso  -  delimitata  la
 competenza statale.
    In  tale contesto, ove appare evidente che e' ormai l'ente-regione
 l'effettivo  centro  di  imputazione  delle  attivita'  inerenti   la
 materia,  e' intervenuto l'art. 28 della legge n. 412/1991 cit. che -
 coerentemente all'impostazione fino ad allora seguita dal legislatore
 statale - nel momento in cui ha provveduto  a  delineare  il  sistema
 delle  alienazioni  degli alloggi di edilizia residenziale pubblica -
 ha attribuito all'ente-regione la funzione relativa alla approvazione
 dei relativi piani di cessione. La previsione di un atto regionale di
 "approvazione" (il quale - non si dimentichi  -  a  norma  del  terzo
 comma   dell'art.   28   -   dev'essere  ispirato  esclusivamente  al
 "conseguimento  di  finalita'  proprie   dell'edilizia   residenziale
 pubblica") comporta evidentemente che solo a seguito dell'intervenuta
 approvazione viene individuato il patrimonio abitativo da cedere.
    Per  converso,  gli  artt.  1,  3  e 4 del d.P.R. 14 febbraio 1992
 impugnato in questa sede, laddove prevedono che le regioni:
       a)  dovranno  impartire  direttive  perche'  vengano  posti  in
 vendita  i  fabbricati  nei  quali  coloro  che  intendano acquistare
 costituiscono almeno il 50% dei locatari;
       b) dovranno  prevedere  che  l'ente  gestore  possa  ugualmente
 proporre  la  vendita  degli  alloggi  richiesti  anche  qualora  gli
 acquirenti rappresentino meno del 50% degli  alloggi  costituenti  il
 fabbricato;
       c)  possono autorizzare l'ente gestore a rifiutare le richieste
 di acquisto inferiore al 50% degli alloggi del fabbricato qualora  lo
 stesso   non   ravvisi   l'opportunita'  della  vendita,  motivandone
 analiticamente   le   ragioni,    sembrano    viceversa    attribuire
 all'assegnatario  un  vero  e proprio diritto all'acquisto fortemente
 tutelato  rispetto  alle  scelte   degli   enti   gestori   e   delle
 amministrazioni  regionali,  le quali dovrebbero, invece, tener conto
 prioritariamente degli equilibri economici e delle  potenzialita'  di
 investimento   degli  enti  gestori  per  concretizzare  l'obiettivo,
 chiaramente   indicato   dall'art.   28,   di   alienazioni   dirette
 esclusivamente   al   conseguimento   delle  finalita'  dell'edilizia
 abitativa pubblica.
    In altre parole,  appare  evidente  che  le  disposizioni  che  si
 censurano  in  questa  sede condizionano fortemente l'esercizio della
 funzione   regionale   di   approvazione   dei   piani,   svuotandola
 parzialmente    di    significato   mediante   la   predeterminazione
 autoritativa del contenuto dei relativi  provvedimenti  regionali,  i
 quali  -  nel  disegno  governativo  -  dovrebbero  obbligatoriamente
 consentire il massimo possibile di cessioni.
    E cio' - si noti ancora una volta -  nonostante  l'art.  28  della
 legge  n.  412/1991,  non  ponga  alcun limite o vincolo diretto alle
 regioni nell'esercizio delle competenze ivi delineate.
    E  ancora:  un  ulteriore  motivo  di  contrasto  tra il d.P.R. 14
 febbraio 1992 e l'art. 28 della  legge  n.  412/1991  e'  ravvisabile
 nell'art.  6,  secondo  comma,  il  quale  va qui censurato sotto due
 aspetti:
       a) nella parte in cui include  nella  disciplina  dell'art.  28
 anche gli immobili realizzati con risorse proprie da parte degli enti
 gestori,  a  fronte  del  dettato dell'art. 28, primo comma, il quale
 circoscrive  la  propria  applicabilita'  agli  alloggi   "acquisiti,
 realizzati  o  recuperati,  a  totale  carico  o  con  concorso o con
 contributo dello Stato o della regione, dallo Stato, da enti pubblici
 territoriali, dagli I.A.C.P. e dai loro consorzi";
       b) nella parte in cui prevede anche per questi  alloggi  e  per
 quelli acquisiti, realizzati o recuperati con contributi regionali il
 versamento  degli introiti delle cessioni nelle contabilita' speciali
 gia' tenute dagli enti  gestori  presso  la  tesoreria  dello  Stato,
 sottraendo, pertanto, alla disponibilita' degli enti gestori stessi e
 delle   regioni  risorse  finanziarie  non  derivanti  da  contributi
 statali. Tale versamento appare, in  contrasto  con  il  sesto  comma
 dell'art.  28,  richiamato nel primo comma dell'art. 6, anche per gli
 introiti  derivanti  dalle  vendite  del  patrimonio  costituito  con
 contributi statali, in quanto il citato art. 28 prevede espressamente
 che  "i fondi ricavati dalle alienazioni saranno gestiti direttamente
 dalle amministrazioni proprietarie e destinati secondo  le  direttive
 impartite dalle regioni".
    Non  si  vede come le amministrazioni proprietarie possano gestire
 fondi che devono versare nelle gestioni speciali presso la  tesoreria
 dello  Stato  e  di  cui  non vengono poi specificate le modalita' di
 prelievo,  tenuto  conto   che   l'attuale   disciplina   dei   fondi
 contabilizzati  e versati in dette gestioni speciali prevede la messa
 a  disposizione  con  decreti  da  parte  del  Ministero  dei  lavori
 pubblici,  sentito  il  C.E.R. sulla base di programmi proposti dalle
 regioni.
    Infine, l'autonomia regionale e' stata  pesantemente  violata  dal
 d.P.R.  qui impugnato sotto ulteriore profilo, giacche' mentre l'art.
 28 della legge n. 412/1991 cit. non  stabilisce  termini  procedurali
 indirizzati alle regioni per l'esercizio delle competenze ivi ad esse
 attribuite,  l'art.  5  del d.P.R. 14 febbraio 1992 limita fortemente
 l'autonomia organizzativa della regione,  mediante  l'imposizione  di
 una  puntigliosa  disciplina  completa - addirittura - dei termini di
 approvazione dei piani di cessione e dei conseguenti  adempimenti  da
 parte  degli  enti  gestori  nonche' degli assegnatari. (v. il primo,
 terzo e quarto comma).
    II. - Violazione dei principi  inerenti  la  funzione  statale  di
 indirizzo   e   di   coordinamento   nei   confronti   dell'attivita'
 amministrativa regionale. Violazione  dell'art.  28  della  legge  30
 dicembre 1991, n. 412, sotto ulteriore profilo.
    L'emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento nei confronti
 delle  regioni  deve  avvenire sulla base di un'espressa disposizione
 legislativa.
    In tale senso e' il costante insegnamento di codesta ecc.ma  Corte
 che,  con  la  sentenza  n.  150/1982 (a cui hanno fatto sguito altre
 pronunce di uguale tenore) ha ritenuto che il principio di  legalita'
 imponga  di fondare gli atti di indirizzo e coordinamento su una pre-
 via specifica attribuzione legislativa di  competenza  che  non  solo
 investa  il  governo  di  tale  potere, ma ne delimiti i confini onde
 comporre le istanze  dell'autonomia  con  le  esigenze  unitarie  (v.
 altresi' sentenza n. 338/1989, ove e' affermato che alle disposizioni
 di indirizzo e coordinamento "non puo' mancare una adeguata copertura
 legislativa,  nel  senso  che esse devono avere il loro fondamento in
 puntuali norme di legge volte a determinare, se pure nelle loro linee
 essenziali, il sostanziale contenuto normativo"). Ora,  nel  caso  di
 specie,  la  copertura  legislativa  del  potere governativo ne' puo'
 ravvisarsi nell'art. 28 della legge n. 142/1991,  che  non  contempla
 l'esercizio  di tale potere da parte del Governo, ne' puo' ravvisarsi
 nelle altre disposizioni legislative  statali  che  trasferiscono  le
 funzioni  in  materia di edilizia residenziale pubblica alle regioni.
 Infatti ne' l'art. 93 del d.P.R. n. 616/1977 ne' la legge n. 457/1988
 (che anzi affida al CIPE precise funzioni di indirizzo) prevedono che
 il Governo si avvalga di atti  di  indirizzo  e  coordinamento  nella
 materia.
    III. - Violazione dell'art. 12, quinto comma, lett. b), della
    legge 23 agosto 1988, n. 400.
    La  norma  citata  in  rubrica  prevede  che  venga  consultata la
 conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni quanto
 debbano  essere  emanati  atti  di  indirizzo  e  coordinamento   nei
 confronti delle regioni.
    Tuttavia,  nel  caso  di  specie,  non  risulta  che anteriormente
 all'emanazione del d.P.R. 14 febbraio 1992 la  conferenza  sia  stata
 consultata.
                        Istanza di sospensione
    Poiche'  l'esecuzione dell'atto qui impugnato creerebbe gravissimi
 problemi agli enti gestori e  all'amministrazione  regionale,  se  ne
 chiede  la  sospensione  ai  sensi  dell'art. 40 della legge 11 marzo
 1953, n. 57.
    I "gravi motivi" a cui il citato articolo fa  riferimento  per  la
 concessione  della  sospensione  possono  essere  cosi'  individuati:
 qualora sulla  base  del  d.P.R.  qui  impugnato  si  impostassero  i
 provvedimenti  da  assumersi  sulla  base  di un diritto all'acquisto
 autonomo e tutelato da  parte  degli  assegnatari,  non  sarebbe  poi
 possibile  non  proseguire  su  tale  impostazione,  anche se dovesse
 risultare  errata,  essendosi  ormai  create  aspettative  e  diritti
 soggettivi   a   cui  politicamente  e  giuridicamente  non  potrebbe
 rifiutarsi risposta positiva mediante la cessione del patrimonio.
    In  parallelo,  peraltro,  dovrebbero  essere  avviate   rilevanti
 operazioni  di  mobilita'  dell'utenza  non  acquirente, con evidente
 allarme sociale da un lato e lavoro e spese ingenti dall'altro.